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Intervista ai Manetti Bros
 

"La libertà non te la regala nessuno e quindi più che aspettarcela ce la conquistiamo!". Questo il motto dei Manetti Bros, i fratelli-registi della serie televisiva dell'ispettore Coliandro che - in questa intervista esclusiva - spiegano le loro "immersioni antropologiche" nella società italiana, spinti dal "piacere di rappresentare e raccontare la verità senza censure" e con un taglio originale "più divertito che sofferente" rispetto agli altri polizieschi in circolazione. Marco e Antonio Manetti si dicono pronti a collaborare con i fans di Coliandro per organizzare un grande raduno a Bologna, magari negli spazi della Cineteca, e insieme ai loro "fratelli aggiunti" Carlo Lucarelli e Giampiero Rigosi offrono una parte anche al 'vecchio' Clint-Callaghan. Respingono infine le accuse dei 'moralisti': "Nei nostri telefilm la violenza ha un volto molto grafico ed è tematicamente leggera", quanto alle parolacce servono "per far parlare i nostri personaggi come si parla tutti i giorni per renderli più veri e credibili".  

 
A cura di Lorenzo Grassi (curatore del sito www.coliandro.it)  

 
Il critico televisivo del Corriere, Aldo Grasso, ha bollato Coliandro come un 'povero meta-ispettore'. In particolare Grasso ha scritto che "la recitazione approssimativa è trattenuta e mascherata da alcuni preziosismi registici, al limite però della leziosità, e da una mare di citazioni. Coliandro è tutto 'meta', dalle t-shirt alla suoneria del cellulare, dai continui rimandi alla serialità americana al calco citazionario...". Come 'meta-rispondete'?

Un critico, per definizione, scrive la sua opinione, quindi non dovremmo rispondere né 'meta-rispondere' all'articolo di Grasso. Ma visto che ce lo chiedi ti diciamo che quello che lui scrive ci sembra lontano dalle nostre intenzioni: riteniamo il nostro lavoro piuttosto privo di leziosismi registici (magari poterseli permettere nei veloci tempi di lavorazione di una fiction tv). Forse, ma solo forse, Grasso confonde uno stile personale e piuttosto (giuriamo) naturale di ripresa con una velleità di "mostrare le palle" che davvero non ci appartiene. Quanto al discorso sul 'meta', anche qui dissentiamo: a noi pare che Coliandro sia un personaggio 'vero' e che gran parte della sua 'emozione' sia legata al suo essere un esaltato appassionato di film polizieschi e generalmente action. Quindi le citazioni non sono, secondo noi, fini a se stesse né degli omaggi dei Manetti o di Lucarelli ai film che ci piacciono; sono piuttosto parte integrante della psicologia del personaggio. Non per questo, sia chiaro, riteniamo essere 'meta' in sè una colpa. L'impressione che Grasso guardi al nostro lavoro con un certo pregiudizio e con poco approfondimento, lo ammettiamo, è forte.


La serie di Coliandro ha visto nascere e crescere nel tempo un caratteristico "zoccolo duro" di convinti quanto eterogenei sostenitori, fieri della propria originalità. È un fenomeno che sino ad oggi aveva riguardato quasi esclusivamente telefilm di produzione estera (americana in particolare). Come ve lo spiegate? E, soprattutto, a quando l'auspicato primo raduno dei fans?

Crediamo che le caratteristiche molto "forti" del personaggio (la sbadataggine, l'irruenza ma anche, per esempio, il look sempre uguale) siano un po' una novità nel panorama della fiction televisiva italiana, soprattutto in quella poliziesca. Un'altra cosa che secondo noi spinge al culto divertito dei fans è la leggerezza con cui trattiamo i temi polizieschi, che tiene l'osservatore più divertito che "sofferente" come invece succede negli altri polizieschi italiani. Per quanto riguarda il raduno posso solo dire che noi, Lucarelli, Rigosi e Morelli (ma di sicuro tanti altri) abbiamo garantito la nostra presenza qualora i fans ne organizzassero uno. Ma in teoria non sta a noi organizzarlo. Su Facebook ho visto che si parlava insistentemente di farlo a Bologna, se saranno in molti a volerlo e a garantire la presenza, da parte nostra possiamo chiedere ospitalità alla Cineteca del capoluogo emiliano.

 
L'episodio della terza serie Sempre Avanti, toccando da vicino i 'nervi scoperti' del neofascismo e degli ultras, ha scatenato violente contestazioni. Voi dialogate sempre con le comunità che rappresentate nella fiction - proprio per rappresentare meglio la realtà - così come con il territorio (spesso di confine) in cui girate. Cos'è che stavolta forse non ha funzionato?

A noi pare che la cosa abbia funzionato benissimo. A noi piace "immergerci" nei mondi che raccontiamo, al di là di quanto siano lontani da noi. Poi le scelte portano sempre con sè delle conseguenze. Di critiche di questo tipo ne abbiamo ricevute sia nella prima (dalla comunità cinese) che nella seconda serie (da Materazzi!) e siamo sicuri che le riceveremo anche nella quarta. Ma noi andiamo avanti, convinti di fare il nostro lavoro nel modo giusto. Ad esempio nella puntata della terza serie Sempre Avanti ci sono i Legittima Offesa, gruppo skinhead di Bologna che appare anche nel documentario Nazi Rock. Abbiamo fatto questa scelta per calarci "antropologicamente" negli ambienti che vogliamo rappresentare e per il piacere di raccontare la verità senza censure.

 
Naturalmente sono sempre pronti a scattare anche i soliti "guardiani" della moralità, che vi prendono di mira per la violenza e l'eccessivo sfoggio di scurrilità nella serie. Eppure Coliandro appare come un vaccino al qualunquismo dilagante e alfabetizza al rispetto delle diversità. Siete d'accordo nell'affermare che ha in verità un ruolo educativo?

Educativo Coliandro?! Per carità, no! Quanto alla violenza a volte ha un volto molto grafico, è vero, ma ci sembra sempre molto leggera tematicamente. Insomma secondo noi ad un bambino, per esempio, fa meno impressione uno schizzo di sangue in faccia senza grande sofferenza alle spalle che una puntata di Distretto di Polizia che racconta di un ragazzino rapito e ucciso da un pedofilo. Anche per le parolacce non ci sembra ci sia tutto questo compiacimento, non le usiamo per strappare risate come per esempio faceva anni fa il Monnezza o nei film di Natale, diventando inevitabilmente volgari, cerchiamo più che altro di far parlare i nostri personaggi come si parla tutti i giorni nei posti di lavoro, nelle case e sulle strade, solo al fine di renderli più veri e credibili.

 
Ma Coliandro da che parte è schierato?

Non sappiamo se la gente si domandi tanto lo schieramento di Coliandro... Per come la vediamo noi è semplicemente un qualunquista con il cuore più grande della testa come tantissimi (crediamo l'assoluta maggioranza) italiani. Però non ci piace usare il termine qualunquista che suona spregiativo. La nostra unica aspirazione è che la gente si identifichi in lui, che ognuno veda in Coliandro luci e ombre di se stesso. Insomma è una persona normale.

 
Dal punto di vista della regia secondo voi c'è stata (e ci sarà) una evoluzione del personaggio di Coliandro nel corso del tempo? In quale direzione e con quale variazione di toni?

Noi tentiamo di evolverci e di migliorare il nostro lavoro negli anni anche alla luce delle reazioni degli spettatori. Sul personaggio di Coliandro, in particolare, tentiamo una rifinitura continua se ci riesca o no non lo sappiamo.

 
Qual è la convivenza (chi fa che cosa) nella vostra regia-fratellanza? E quali sono gli equilibri e i contrappesi che avete trovato nei rapporti con gli sceneggiatori e con Carlo Lucarelli?

Il lavoro dei Manetti è in realtà un grande caos! Noi cerchiamo in parte di dividerci i compiti ma il casino inevitabilmente rimane. Antonio è anche operatore alla macchina, oltre che regista, quindi inevitabilmente lui si occupa di più della macchina da presa e di conseguenza Marco più del lavoro con gli attori. Ma a dire la verità facciamo tutto insieme creando spesso confusione nella mente dei nostri collaboratori (ma non nella nostra, per fortuna). Con Carlo Lucarelli e Giampiero Rigosi lavoriamo ormai da anni in perfetta armonia quasi come fossero due fratelli aggiunti. Abbiamo la fortuna di avere con loro gli stessi gusti e gli stessi obiettivi. Discorso che vale anche per Morelli e gli altri attori fissi della serie.

 
I vostri set - come mostrano le immagini dei backstage - sono sinonimo di grande divertimento. Quanto è importante per la riuscita di Coliandro questo clima che permette di non prendersi mai troppo sul serio? E perché è così raro nel mondo del cinema italiano?

Per noi divertirci lavorando è importantissimo. Ed è importante che il divertimento non sia personale ma cerchiamo di coinvolgere tutta la troupe e il cast nel nostro modo spensierato e poco responsabile di interpretare la nostra professione. Perché non lo facciano gli altri non lo so, forse si sentono addosso una responsabilità maggiore, ma di certo non sanno cosa si perdono...

 
Voi trovate ispirazione in un passato rivisitato - da Callaghan (a proposito perché non invitare come guest star in uno dei prossimi episodi il "vecchio" Clint?) ai poliziotteschi - ma cosa salvate delle produzioni contemporanee? Che ne pensate dei serial investigativi made in Usa?

Siamo appassionati di cinema e televisione, ci piacciono tantissime cose, difficile elencarle. Possiamo solo dirti che scegliere una strada non vuol dire negare le altre: non è detto che un regista debba 'fare' tutto quello che gli piace 'guardare'. Se Clint vuole partecipare a una puntata di Coliandro è benvenuto!

 
Il grande Sergio Leone sosteneva che "il miglior mezzo per contrabbandare politica è la fantasia". Voi ci tenete a sottolineare che per Coliandro non siete mai stati censurati dalla Rai, che siete "spericolati e difficili da frenare". Ma come si vive da 'pirati' nei tempi duri del crescente bavaglio ad ogni libertà di espressione?

Non sappiamo. Noi ci sentiamo liberi. Forse sta solo nel fatto che siamo convinti che la libertà non te la regala nessuno e quindi più che aspettarcela ce la conquistiamo!  

 
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