A cura di Lorenzo Grassi
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Con il “momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia e di emergenza per l’umanità” celebrato da Papa Francesco in diretta mondiale, è stata concessa “a tutti coloro che si sono uniti spiritualmente a questo momento di preghiera tramite i media l’indulgenza plenaria secondo le condizioni previste dal relativo decreto della Penitenzieria Apostolica”. Questa circostanza ha fatto tornare alla mente il precedente che risale ai tempi della Seconda guerra mondiale e precisamente ad un decreto del 23 dicembre 1942 con il quale la Sacra Penitenzieria Apostolica ufficializzava la decisione che era stata presa da Papa Pio XII di concedere l’indulgenza plenaria a tutti i fedeli che si fossero trovati in “imminente pericolo di vita” per i bombardamenti. Il decreto – come era stato precisato all’epoca – era valido “soltanto per la durata della guerra attuale”. Per avere l’indulgenza plenaria bisognava essere contriti con vero atto di amore per Dio e di dolore per i propri peccati e occorreva recitare devotamente in una qualsiasi lingua “Jesu miserere mei” (Gesù mio, Misericordia).
Nel febbraio 1943 fu specificato – come riportato sul Bollettino Salesiano – che l’indulgenza plenaria si poteva acquistare “soltanto durante i bombardamenti aerei; non basta quindi il semplice allarme o un semplice passaggio di aerei nemici. Non è indispensabile all’acquisto di detta indulgenza la consueta condizione dei Santi Sacramenti, ma è necessaria e sufficiente la perfetta contrizione del cuore per i peccati commessi, ossia il dolore che ha per motivo l’amore di Dio”.
Con una “pia iniziativa” il Comitato centrale antiblasfemo, per favorire l’acquisto dell’indulgenza plenaria, aveva invitato i capi fabbricato e i proprietari di case a collocare nei rifugi antiaerei un crocifisso con – a caratteri ben visibili – la giaculatoria: “Gesù mio, Misericordia”. La frase fu anche scritta sulle pareti di alcuni ricoveri, dove la fede veniva richiamata insieme alla disciplina.
Il Comitato centrale antiblasfemo, “sotto la presidenza onoraria di S.M. Il Re”, doveva infatti vedersela con una minaccia grave: quella delle bestemmie, che evidentemente non mancavano di risuonare nella tensione e nell’affollamento dei rifugi antiaerei. E contro le quali fu ingaggiata una “grande battaglia” che, nella propaganda, assunse i toni della “crociata antiblasferma”.