Storie

La tragedia di via Ceccano

A cura di Lorenzo Grassi
© lorenzograssi.it

Uno scricchiolio quasi all’alba, alle cinque del mattino, li aveva improvvisamente destati dal sonno mentre dormivano tutti insieme nell’affollata e angusta casupola di un solo piano al numero 11 di via Ceccano, all’epoca poco più di un viottolo tra i prati di Centocelle Vecchia. Il rumore sembrava provenire dalle travi, ma non era la prima volta che quella casetta – poco più di una baracca – si faceva sentire. Oreste Pelle, 36enne venditore ambulante di ferraglia, l’aveva presa in affitto da un anno per dare un tetto alla sua numerosa famiglia. La pigione non era pesante, forse anche perché il proprietario sapeva che era stata costruita alla bene e meglio su un terreno che sovrastava un’antica cava di pozzolana, fra orticelli e “villinetti”.

Così erano ripiombati nel sonno, rinviando il risveglio. Ma poche ore dopo, fra le 6.30 e le 7, accompagnata da un terribile rombo l’intera casupola precipitava. Sotto i pavimenti le volte delle gallerie dell’antica cava avevano ceduto, risucchiando tutto ciò che c’era al di sopra. In pochi attimi l’intera costruzione era scomparsa sotto terra. Era la mattina del 16 ottobre 1933 e i primi raggi di sole, in mezzo ad una nuvola di calcinacci, illuminavano lo spettrale scenario di quella che sarebbe diventata la più grave tragedia di sempre in Italia in conseguenza di una voragine, con un bilancio finale di sei morti (quattro bambini) e due feriti. Una tragedia che 90 anni dopo è stata completamente dimenticata.

Il fonogramma della Questura di Roma che informa della tragedia.

La casetta, infatti, era sprofondata portandosi dietro tutta la famiglia di Oreste: la moglie 29enne Giuseppina Berardi con la madre 55enne Matilde Fantini e cinque dei sei figli della coppia. La più grande Filomena detta “Nena”, 12enne; poi in ordine di nascita Liliana (7 anni), Letizia (5 anni), Marcella detta “Marcellina” (3 anni) e il piccolo Fernando di appena 2 mesi. La sesta figlia Elsa, di 5 anni, per fortuna non era in casa perchè ospitata da uno zio per lasciare posto alla nonna.

Matilde Fantini, Giuseppina Berardi e Filomena Pelle.

«Il primo ad avvertire il disastro è stato un contadino, certo Giovanni Forti – scriveva Il Messaggero – il quale correva nel vicino bar Ceccano, che apriva in quel momento, a dare l’allarme mentre cominciavano ad accorrere i primi passanti. Grida invocanti aiuto si facevano sentire da sotto le macerie, ma, purtroppo, malgrado ogni buona volontà, era impossibile porgere aiuto ai poveri infelici». In breve tempo sono accorsi i soccorritori ma «l’opera di salvataggio si è subito presentata difficilissima, minacciando il terreno di franare ad ogni passo. È stato necessario stendere cordoni di agenti e di carabinieri per tenere lontano i curiosi».

Una veduta della zona del disastro (Foto di Adolfo Porry-Pastorel).

In pochi minuti erano giunti «quattro autocarri attrezzi di pompieri e una autoambulanza della Croce Rossa, agenti e carabinieri della stazione di Centocelle, Camicie nere del Quartiere agli ordini del maresciallo Guido Galloni. L’ing. Venuti, comandante i vigili, ha preso la direzione dell’opera di salvataggio. Sono stati subito costruiti dei ponti di passaggio per rendere più agevole il transito degli uomini di manovra intorno al luogo della disgrazia, quindi i pompieri hanno cominciato ad aprirsi il varco lavorando con estrema delicatezza. La scena è stata pietosissima, perchè le vittime invocavano continuamente soccorso e l’opera di salvataggio doveva procedere con grande cautela per evitare maggiori disgrazie. Giungevano pure in via Ceccano 23 avieri del vicino campo di Centocelle».

La cartellina del dossier del Governatorato sulla tragedia.

Alle 7.45 venivano estratti vivi dalle macerie Oreste Pelle e la figlia Liliana, subito trasportati all’ospedale San Giovanni. La notizia della tragedia si era sparsa e sul luogo si presentavano le autorità. Tra gli altri: «Il Prefetto Montuori, il vice Governatore conte D’Ancora, il Commissario federale on. Adelchi Serena, il segretario generale del Governatorato prefetto Montecchi, il Direttore della Polizia Urbana comm. Bedoni, il Questore Cocchia, con il vice Questore comm. Adinolfi». «Il lavoro di sterro per estrarre i corpi degli infelici rimasti sotto il cumulo delle pietre – notava ancora Il Messaggero – è continuato innanzi ad una gran folla silenziosa e commossa tenuta a distanza dai cordoni dei militi e dei carabinieri. Verso le 10.30 venivano rinvenuti fra due spalliere di un letto i corpi ormai inanimi della suocera del Pelle e di due bambini (Filomena e Letizia) che sono stati trasportati all’Istituto di medicina legale. Il lavoro di ricerca è continuato nell’intero pomeriggio. Ormai non si nutre più speranza di salvare altre vite. Sotto le macerie si trovano ancora la moglie del povero venditore ambulante, Giuseppina Berardi, e due altri figli, Fernando di due mesi e Marcella di anni 3».

I soccorritori all’opera (Foto di Adolfo Porry-Pastorel).

«La zona è tutta foracchiata da cave di pozzolana – segnalava il Giornale d’Italia – il franamento della casupola ha trascinato con sé anche un fianco del villino adiacente che i pompieri hanno perciò fatto subito sgomberare. Il lavoro attorno alla voragine prosegue alacre instancabile, generoso; e tutti si augurano in cuore di salvare ancora qualche vita. Ci siamo recati all’ospedale di San Giovanni ed abbiamo parlato, brevemente, con il ricoverato Oreste Pelle. L’infelice, che ha riportato varie contusioni al viso e la rottura di alcune costole, è come inebetito. Alle nostre domande ha risposto a monosillabi. Sul letto, accanto a lui, è la figlia salvata, una bella bimba bionda dai grandi occhioni neri. Anche essa è contusa leggermente». Gli articoli del Giornale d’Italia sono accompagnati da alcune immagini scattate da Adolfo Porry-Pastorel, considerato il padre del fotogiornalismo in Italia. Purtroppo il suo servizio completo sul luogo della tragedia non è stato ritrovato negli archivi.

Un articolo del Giornale d’Italia.

«Il Pelle non conosce ancora in tutta la sua gravità la sciagura tremenda che l’ha colpito – precisava Il Messaggero – al suo capezzale si è recata ad abbracciarlo l’altra figliuola, Elsa, che per far posto alla nonna nella piccola abitazione era andata ad abitare presso uno zio, fratello del Pelle, che abita nel quartiere Trionfale». Intanto in via Ceccano durante tutta la notte, alla luce di un potente riflettore elettrico, sono proseguiti gli scavi. Sul posto sono accorsi anche i soldati dell’8° Genio. «Presso la voragine si avvicendano le autorità che dirigono i lavori e nel fondo della luce soldati e pompieri frugano le viscere della terra, traendo rottami, suppellettili, biancheria e tegole – si leggeva sul Giornale d’Italia – sotto la casa esistevano due vastissime gallerie di pozzolana che sono completamente franate. Il terreno, cedendo, ha inghiottito la casupola trascinandola ad una profondità incredibile, tanto è vero che questa mattina, alle 11, dal cumulo venivano ancora estratti i residui del tetto. Da ciò si può arguire quanto ancora sia necessario scavare per raggiungere le tre vittime. Per agevolare, intanto, il lavoro delle squadre e per eliminare il pericolo di nuove frane, gli ingegneri preposti all’operazione, hanno dato disposizioni perchè venissero abbattute in parte le costruzioni che sorgevano intorno alla voragine e che minacciavano di crollare».

L’intestazione della tomba al Cimitero del Verano.

«Poco dopo le ore quattordici del 17 ottobre – riferiva il cronista del Messaggero – si sono finalmente rinvenuti i corpi esanimi di Giuseppina Berardi, moglie del Pelle e della piccola Marcella. I miseri resti umani, dopo le prime constatazioni venivano benedetti dal parroco di Tor Pignattara e poi, deposti in due bare, trasportati all’Istituto di medicina legale presso il Policlinico. Rimane ancora sepolto sotto le macerie il piccolo Fernando che è sfuggito, nel momento del disastro, dalle amorosissime braccia della mamma. Il duro e pazientissimo lavoro di escavazione dura ancora». Nel frattempo il Governatorato era alle prese con il problema degli sfollati: oltre 25 famiglie per circa cento persone «ricoverate in appositi alloggi, essendo state dichiarate inabitabili le loro case a motivo della frana».

Due articoli sulla concessione della tomba e sui funerali.

Il corpicino di Fernando, di soli due mesi, resterà “disperso” e il bilancio della tragedia sarà di sei morti. Un evento che colpirà molto i romani, tanto che il Governatorato offrirà le esequie e una sepoltura al cimitero monumentale del Verano. Ai funerali, il 20 ottobre 1933, «una moltitudine di popolo in gran parte del rione Tuscolano e Casilino. Precedevano i carri funebri con le salme delle tre figliuole Filomena, Letizia e Marcella – riferiva Il Messaggero – seguivano quelli della mamma Giuseppina Berardi e della nonna, Matilde. Il corteo muove dal viale dell’Università alle 10.30 precise. Una magnifica corona del Governatorato è portata dai vigili del fuoco in alta uniforme. Altre corone sono state inviate dagli zii “ai cari nipoti” ed una “alla cara mamma e sorelle dai figli superstiti”. Molte donne, al passaggio del lungo corteo s’inginocchiano e piangono». Lanciano fiori di campo.

Una veduta della tomba al Verano.

«In via Ceccano – precisa il Giornale d’Italia – i lavori per ritrovare il cadavere del piccolo Fernando sono stati sospesi per attendere i risultati delle indagini e dei rilievi eseguiti dagli ingegneri del Governatorato e del Genio Civile. Il terreno è formato da quasi tutte caverne e prima di continuare nei lavori di sterro è necessario esaminare bene con tecnica e perizia la resistenza del sottosuolo. Intanto il Governatore di Roma principe Boncompagni ha fatto dono alla famiglia Pelle di una tomba al Cimitero del Verano». Il 24 ottobre una Messa funebre in suffragio delle vittime nella parrocchia di San Felice da Cantalice, in via dei Pioppi a Centocelle, con la partecipazione anche degli sfollati. Delle sole due figlie sopravvissute, Liliana ed Elsa, la seconda morirà a 17 anni il 27 dicembre 1944 e sarà sepolta al Verano insieme al resto della famiglia.

Ringraziamenti

In questa ricerca mi è stato di fondamentale aiuto Riccardo Paolucci dell’Associazione Sotterranei di Roma, profondo conoscitore del territorio di Centocelle (anche nel sottosuolo).

Mentre nel tentativo – purtroppo senza esito – di trovare il fotoreportage originale di Adolfo Porry-Pastorel sulla tragedia ho potuto contare sulla gentilissima collaborazione di Gloria Serrazanetti (già curatrice dell’Archivio storico delle fotografie di Porry-Pastorel a San Giovanni in Persiceto), Vania Colasanti (autrice del libro dedicato al fotoreporter “Scatto Matto”, edito da Marsilio) e Lucrezia Dell’Arti (Archivi Farabola).

Ringrazio, infine, l’Archivio Storico Capitolino dove ho potuto trovare i primi documenti che mi hanno orientato sulla giusta datazione dell’evento.