Storia

La prima chiesa con il rifugio

prima chiesa

A cura di Lorenzo Grassi
© lorenzograssi.it

È consono e opportuno realizzare nei sotterranei di una Chiesa – espressamente sin dalla sua edificazione e non per successivo adattamento dei locali – un luogo di protezione dalle bombe? Questa domanda fu posta poco dopo la metà degli anni Trenta del secolo scorso, quando a Padova prese forma il primo esempio «in Italia e, forse, nel mondo» di un luogo di culto costruito con dotazione di ricovero antiaereo. È possibile ripercorrere la vicenda grazie ad un articolo ospitato nella rubrica “Idee e proposte” del Bollettino Ufficiale per gli iscritti all’Unione Nazionale Protezione Antiaerea pubblicato il 31 marzo 1937.

Protagonista della storia è la Chiesa della Natività della Beata Vergine Maria a Barriera Trento in via Pilade Bronzetti a Padova. La costruzione dell’edificio sacro – voluto per celebrare i Patti Lateranensi – fu affidata dal regime fascista all’architetto Vincenzo Bonato: la prima pietra fu posta il 20 settembre 1936, i lavori durarono tre anni e l’inaugurazione si tenne il primo aprile del 1939 (ma con il campanile rimasto incompiuto). Avviato il cantiere «nel popoloso rione operaio di Porta Trento» – con il contributo degli abitanti «aiutati dalla generosa elargizione del Comune» che aveva messo a disposizione il terreno e dal «largo e tangibile interessamento» del Vescovo Carlo Agostini – spuntò l’idea del rifugio antiaereo.

L’interno della Chiesa della Natività della Beata Vergine Maria a Padova.

«Fra il degnissimo Parroco Don Martino Tagliapietra, un autentico combattente del fronte italiano e francese e il Presidente del Comitato promotore, il camerata e collega Arrigo Pozzi, ufficiale di fanteria sul Piave, nacque l’idea di offrire alle competenti autorità civili e militari la cripta della nascente chiesa – si legge pomposamente nell’articolo – un vano grandioso misurante 20 m per 40, alto 4 m e suddiviso nelle navate laterali da pilastrate di cemento armato, che possono essere facilmente trasformate, con pochissima spesa, in tanti compartimenti stagni, se la similitudine, presa a prestito dalla navigazione moderna, può facilmente indicare la suddivisione dell’eventuale futuro possibile pericolo».

Attrezzatura di un ricovero con protezione antigas.

L’idea fu accolta dal Vescovo, dal Prefetto, dal Comando Militare di Zona e dalla delegazione provinciale dell’Unione Nazionale Protezione Antiaerea. Infine il Podestà, in accordo con i dirigenti Unpa, ordinò un sopralluogo «che concluse per la opportunità di accoglimento della proposta». Così il Comitato e il Comune si misero d’accordo per la creazione nella chiesa di un rifugio “antigas e antischeggie”. Una tipologia, spiega l’articolo, «che più praticamente poteva rispondere sia alle esigenze della località, sia anche alla necessità di contenere ogni spesa in una cifra che fosse compatibile con le finanze comunali, largamente provate da altre passate, presenti e future necessità aventi il carattere di una indispensabile urgenza».

Chiesa della Natività (Padova), la cripta vista dall’esterno.

Sul Bollettino Unpa sono presenti anche alcune fotografie «dalle quali risulta l’imponenza della Cripta, ormai costruita, e che dovrebbe servire, coi necessari adattamenti, ai lavori per l’attrezzatura di detto rifugio. Dalla veduta esterna si vedono chiaramente le proporzioni di essa, sulla quale, proprio in questi giorni, sono incominciati i lavori per la elevazione dei muri perimetrali della Chiesa vera e propria. Dagli interni è facile rendersi conto della importanza dell’offerta fatta dal Comitato e della convenienza del Comune di accettarla». L’articolo si concludeva con l’augurio «che questo Rifugio Antigas e Antischeggie sia ben presto un fatto compiuto, primo esempio del genere in Italia e, forse, nel mondo».

Interno della cripta che dovrebbe essere adattata a ricovero.

In coda fu aggiunto un commento della redazione, con la quale si poneva la fatidica domanda. «Il fatto di avere un rifugio metterebbe, in caso di guerra, a maggior repentaglio la Casa del Signore?». Con una risposta secca: «Ci sembra che no. O il nemico rispetta la Casa di Dio e quindi, a maggior ragione, sarà tratto a risparmiare quei miseri che vi accorrono a chiedere protezione e salvezza; o non intende rispettarla, come hanno fatto le orde rosse ispano-franco-russe nella disgraziata Spagna e allora le Chiese saranno, appunto perché tali, sottoposte al martirio. Ma anche senza questo, facciamo una semplice ipotesi – proseguiva l’argomentazione – l’aviazione nemica si presenta a bombardare fra le ore sei e le otto del mattino, l’ora in cui tutte le Chiese cattoliche del mondo usano raccogliere quotidianamente maggior copia di fedeli. Viene dato l’allarme. Dove andranno i fedeli, abbandonando la Chiesa, divenuta improvvisamente… luogo di pericolo?».

La Chiesa parigina di Saint-Gervais Saint-Protais colpita il 29 marzo 1918.

«Attraversare i larghi spazi e i viali alberati di cui di solito le chiese moderne si circondano (e questo è appunto il caso di Padova) vuol dire andar contro alle norme stabilite dalle autorità, non solo; ma andar incontro effettivamente ad un rischio mortale – sottolineava il commento – e, allora? Il sotterraneo della Chiesa, attrezzato allo scopo, proteggerà i fedeli nel momento dell’incursione. Ricordarsi la chiesa parigina bombardata dalla grossa “Berta” tedesca in giorno di Venerdì Santo, mentre era gremita di fedeli!», concludeva la replica con un curioso esempio anti-germanico risalente alla Prima Guerra Mondiale che richiamava un’azione mirata contro la popolazione civile. Ovvero lo sparo del terribile cannone “Paris Geschutz” che il 29 marzo 1918 aveva colpito in pieno la Chiesa di Saint-Gervais Saint-Protais causando 88 morti.