A cura di Lorenzo Grassi
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Le tre Serre nel parco romano di Villa Ada sono state realizzate sul finire dell’Ottocento per volere dell’architetto di origini tedesche Emilio Richter, Direttore delle Ville e Parchi Reali per Casa Savoia. Aveva ricevuto l’incarico da Re Vittorio Emanuele II che nel 1872 aveva acquistato dei terreni con vigne “fuori Porta Salaria” e voleva trasformarli nella sua tenuta residenziale in quella che era appena diventata la nuova Capitale d’Italia.
Richter diede vita ad un favoloso parco rustico all’inglese, sfruttando ed esaltando i caratteri paesaggistici del sito. Per arredare il parco fece allestire anche le tre Serre con bellissima struttura in metallo e un moderno sistema di riscaldamento, destinate ad accogliere e preservare le delicate essenze esotiche. La struttura avrebbe costituito anche una sorta di “vivaio” per le piante da mettere a dimora. Furono sfruttate, inoltre, per una colorata e profumata produzione floreale.
Ma le Serre trovarono nuova vita anche nella seconda fase di possesso reale della villa sulla Salaria, seguita ad una breve interruzione: ovvero quella iniziata nei primi del Novecento con Re Vittorio Emanuele III e la Regina Elena. Andrea Zinno, creatore e curatore della pagina Facebook “Villa Ada Savoia” ha scovato presso l’Archivio Centrale dello Stato (Fondo della Real Casa) dei documenti dell’amministrazione “del patrimonio privato di Sua Maestà il Re” – risalenti agli anni dal 1940 al 1943 – che testimoniano l’elargizione dell’ortofrutta che veniva prodotta o raccolta a Villa Ada alla “Guardaroba di Sua Maestà la Regina Imperatrice” per essere destinate alle mense cittadine e alle opere di beneficenza. Nei documenti vengono citate in particolare le fragole prodotte nelle Serre del parco, oltre a verdura coltivata negli orti e nespole colte dagli alberi.
Negli ultimi decenni le Serre hanno subito un progressivo declino, ma le strutture metalliche sono ancora in piedi. Il piccolo edificio adiacente è stato occupato abusivamente per lungo tempo da una persona – poi deceduta – che ha svolto, suo malgrado, una funzione di guardiania per evitare vandalismi.
Più volte le associazioni ambientaliste – in particolare l’Osservatorio Sherwood – hanno proposto un recupero e una rinascita delle Serre. Suggerendo, ad esempio, un ritorno della rinomata Scuola Giardinieri del Campidoglio. Tra le ipotesi, quella di ospitare un vivaio di acclimatamento per le essenze da piantumare nel parco, oppure piccole produzioni di ortofrutta biologica da fornire alle mense scolastiche del Municipio II. E ancora, si potrebbero pensare ad esperienze didattiche legate al mondo botanico e naturalistico. Infine sarebbero il sito ideale per un apiario che produca miele “Made in Villa Ada”.
Insomma le proposte di riutilizzo – sostenibili e compatibili con la presenza in una villa storica e parco plurivincolato – sono molte. Ci si augura, dunque, che l’amministrazione capitolina ascolti le istanze dei fruitori del parco e agisca avendo le idee ben chiare sulla destinazione finale. Soprattutto per evitare che l’intervento non si trasformi in un “restauro nel deserto”, come purtroppo è avvenuto più volte nel parco di Villa Ada.
L’avvio del recupero
Nella seduta del 25 gennaio 2024 la Giunta capitolina ha approvato, ai fini dell’inserimento nel Piano Triennale 2024-2026, il progetto di fattibilità tecnico economica relativo agli “Interventi di restauro e riqualificazione del Casale delle Cavalle Madri e di altri fabbricati nel parco di Villa Ada – Secondo stralcio (Serre)”, che prevede un importo complessivo di 2,7 milioni di euro. È stata indicata come responsabile unico del progetto l’arch. Giorgia Piloni, mentre la progettazione è stata affidata allo Studio Cupelloni Architettura Srl.
Nella delibera si legge che il sito – con le tre serre rispettivamente di 184, 176 e 138 metri quadrati di superficie – «presenta una struttura architettonica di modesta fattura e necessita, pertanto, di interventi diffusi di adeguamento statico (costituiti da nuove strutture di supporto, ben integrate con la preesistenza in modo da non alterarne i caratteri peculiari), nonché di miglioramento sismico». Si spiega ancora che «tra le alternative di tipo gestionale sono state valutate le seguenti: Ricostruzione integrale, esclusa in considerazione dell’obsolescenza sia delle strutture che degli impianti; Ricostruzione parziale, quella approfondita dal progetto».
Per la Serra A viene prevista la «riproposizione integrale dell’assetto originario mediante interventi di restauro degli elementi strutturali sufficientemente integri; interventi di sostituzione degli elementi strutturali non recuperabili perchè corrosi o deformati; interventi di ricostruzione similare degli elementi totalmente perduti». Mentre per le Serre B e C si prevede la «riproposizione parziale dell’assetto originario, costituita dalla riproposizione integrale di parte del corpo di fabbrica e dalla ricostruzione del solo scheletro ove del tutto mancante, in modo da restituire sia la leggibilità dell’intero manufatto, sia la perdita di gran parte degli elementi costitutivi a causa dei processi di degrado».
La delibera precisa, infine, che «sono inoltre previsti: in tutti i casi, ai fini della sicurezza, interventi di natura statica costituiti da nuove strutture di supporto, ben integrate con la preesistenza in modo da non alterarne i caratteri peculiari; consolidamento dei piccoli manufatti per quanto concerne le strutture verticali, mentre le strutture di copertura saranno ricostruite in analogia con le caratteristiche originarie; demolizione di tutti i manufatti aggiunti e delle trasformazioni apportate nel corso degli anni a seguito dell’attuale occupazione a uso abitativo».