A cura di Lorenzo Grassi
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Un articolo pubblicato dal prestigioso quotidiano americano “The New York Times” l’11 febbraio del 1878 ci riporta indietro nella storia dell’attuale parco di Villa Ada a Roma. Ovvero a quando la villa era divenuta la tenuta di campagna e amato terreno di caccia del Re Vittorio Emanuele II. Una frequentazione durata pochissimi anni, perché poco dopo il completamento dei lavori di sistemazione del parco il sovrano morì improvvisamente di polmonite (c’è chi dice cagionata proprio da un lungo e freddo appostamento in luogo umido – nella zona del “Fontanaccio” – per stanare una lontra). L’articolo ricostruisce la dura vertenza legale aperta con il vicino di villa, il Conte Campbell Smith d’Heritz. Una lettura ricca di spunti e di aneddoti storici. Ecco la traduzione integrale del testo.
Il giorno prima della sua morte (avvenuta il 9 gennaio 1878, ndr) Vittorio Emanuele ha vinto una causa alla quale teneva molto. Il suo avversario era un inglese, in precedenza ecclesiastico della Chiesa d’Inghilterra, ma residente per 30 anni a Roma, e per lungo tempo uno dei camerieri pontifici. Ha ricevuto un titolo dal Papa e ora è chiamato Conte Campbell Smith d’Heritz. Questo gentiluomo acquistò dal defunto Cardinale Riaro Sforza una proprietà chiamata Villa Sciarra; mentre quella vicina, chiamata Villa Potenziani, fu acquistata da Vittorio Emanuele poco dopo il 1870. Sua Maestà acquistò anche i terreni del Collegio Irlandese, e tutte le proprietà vicine ogni volta che se ne presentava l’occasione, e con l’insieme ha costituito una bellissima tenuta di campagna, adornata con laghi artificiali, splendidi viali e piantagioni.
Costruì anche un magnifico palazzo e lo arredò con grande lusso. Ma il suo vicino, il Conte d’Heritz, rifiutò le offerte di acquisto e, inoltre, rivendicò il diritto di passaggio per sé e per il suo personale attraverso i terreni reali. Infatti l’antica via Salaria passava attraverso sia la villa del Conte che quella del Re, e lungo questa antica strada romana avevano diritto di passaggio gli occupanti dei poderi contigui sino al ponte sull’Aniene, detto Ponte Salario. Il Re non tenne in alcuna considerazione il diritto di passaggio del Conte, poiché ordinò che la strada, o ciò che ne rimaneva, fosse alterata con scavi e piantumazioni.
Quando il personale del Conte entrò nel territorio conteso, sua Maestà denunciò il Conte davanti al Tribunale penale e lo fece multare per violazione di domicilio. Ci fu poi anche un processo davanti ad un tribunale civile, e anche qui trionfò il Re, e il Conte fu estromesso, non essendo mai stato permesso ai suoi testimoni di deporre. L’ultima udienza di questo caso ebbe luogo proprio il giorno precedente la morte di Vittorio Emanuele. Una decina di giorni prima del suo decesso, il Re uccise quaranta tordi e una beccaccia nella tenuta della sua villa, e sparò anche a una lontra, che non si arrese finché non ebbe ricevuto quattro colpi dall’arma reale.
Vittorio Emanuele era molto affezionato alla villa, anche se non vi dormiva mai, e seguiva con molto interesse l’avanzamento dei lavori e dei miglioramenti. Sua nuora, la Principessa Margherita, vi si recava spesso per trascorrere qualche ora nel parco insieme al figlio, l’attuale Principe ereditario. Il Conte d’Heritz ha presentato ricorso contro l’ultima decisione e porterà la questione del diritto di passaggio alle più alte Corti; e se alla fine dovesse spuntarla, la privacy della villa reale verrebbe gravemente compromessa, e il risultato potrebbe essere che il pubblico venga ammesso e i giardini siano aperti in determinati giorni, come nel caso di Villa Borghese e Villa Doria Pamphilj. Questa villa sulla via Salaria non deve essere confusa con l’altra villa reale sulla via Nomentana, dove visse la Contessa Mirafiori e che, si suppone, a lei appartenne.