A cura di Lorenzo Grassi
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Nella mattinata del 27 gennaio 1918 il dirigibile militare M.1 – progettato dall’ingegnere Gaetano Arturo Crocco e realizzato dallo Stabilimento Costruzioni Aeronautiche di Roma – decollava da Vigna di Valle e, una volta raggiunta la Capitale, vi lasciava cadere per la prima volta dei volantini di propaganda. Erano stampati su carta rossa e riportavano la seguente esortazione:
Cittadini d’Italia!
Prestate largamente denaro al Tesoro della Patria: ne faremo armi invincibili per la resistenza dei nostri soldati di terra e di mare e daremo ali vaste ed inflessibili agli aeronauti che vi mandano l’incitamento al dovere e il saluto dal cielo di Roma.
Una copia del volantino è oggi custodita dal collezionista Massimo Trenta.
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Lo stesso dirigibile M.1 era stato protagonista agli inizi della Grande Guerra che vedeva l’Italia, in quel primo mese del 1918, ancora intenta a riprendersi dai terribili strascichi della disfatta di Caporetto subita tra il 24 ottobre e il 9 novembre 1917. In quest’ultima data, Cadorna era stato rimpiazzato alla guida dell’esercito dal generale Diaz, che stava rinforzando i ranghi. Era stato dunque lanciato un quinto prestito per sostenere lo sforzo bellico che avrebbe portato nei mesi successivi i reparti italiani, britannici e francesi ad avere la meglio su quelli austro-ungarici sino alla resa del 3 novembre 1918 con la fine delle ostilità sul fronte italiano.
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Sin dal gennaio 1915, ancora prima di entrare in guerra, l’Italia aveva lanciato il primo prestito non disponendo delle risorse necessarie a far fronte allo straordinario impegno finanziario bellico. “Accantonata l’ipotesi di un inasprimento fiscale – come ricorda Eleonora Belloni nel suo saggio “I prestiti di guerra tra economia e propaganda” – lo Stato italiano decise di puntare sul debito pubblico e sulle anticipazioni da parte degli istituti di emissione. Strumento fondamentale di tale condotta finanziaria divennero così i prestiti di guerra, per la cui emissione il Tesoro si avvalse della Banca d’Italia”. Alla fine i prestiti furono in tutto cinque (dal gennaio 1915 al gennaio 1918, con tassi variabili dal 4,50% del primo al 5,50% dell’ultimo), a cui se ne aggiunse uno nel dopoguerra per finanziare la ricostruzione.
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Per coinvolgere la popolazione civile nella mobilitazione nazionale, si fece appello al “dovere patriottico” e fu organizzata una sistematica azione di propaganda a favore della sottoscrizione che vide mobilitati nella realizzazione grafica artisti di grande fama. Furono utilizzati tutti gli strumenti possibili: manifesti, locandine, cartoline, calendari, inserzioni, francobolli, opuscoli, coreografie esterne. Sino al lancio di volantini dal dirigibile per far sottoscrivere il quinto ed ultimo prestito. Era scattato il 6 dicembre 1917 – come puntualizza Fiorenza Tarozzi nel suo saggio “Gli italiani di fronte ai prestiti di guerra 1914-1917” – e le emissioni ammontarono a 6,5 milioni e mezzo di lire di capitale nominale. I manifestini di propaganda sarebbero tornati a cadere sulla Capitale nel 1940, ma questa a volta ad opera dei “nemici”.